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Caro compagno seggio, cara compagna seggiola (lettera di Barbara Spinelli)

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Caro compagno seggio, cara compagna seggiola, sento il bisogno di scrivervi. Mi chiamo Barbara Spinelli. Ho dato vita a l’Altra Europa con Tsipras, diventandone la garante. Successivamente, malgrado il conflitto di interessi che la posizione di garante mi arrecava, ho deciso di candidarmi. Anzi, di più: di candidarmi come capolista. Anzi, di più: di candidarmi come capolista in più collegi. Tuttavia, lo prometto: in caso di elezione, compagno seggio e compagna seggiola, io non vi accetto.

Ad esempio, l’ho fatto il 3 Marzo in un documento ufficiale: «Se eletta, lascerò il posto al parlamento a candidati che più di me hanno le energie e le competenze per portare a Bruxelles e Strasburgo la nostra voce e i nostri valori in un lavoro quotidiano che sarebbe al di sopra delle mie forze».
Per essere sicura, ho rafforzato il concetto il 6 Marzo: «La mia è una candidatura di bandiera».
Non contenta, l’ho ribadito l’1 Maggio aggiungendo che: «Sia Moni Ovadia che io vigileremo su quel che faranno i candidati della lista per cui ci siamo battuti».

Poi, però, una volta ottenutivi io, garante-capolista, non sono stata in grado di garantire non solo delle regole prestabilite nell’appello iniziale da me redatto, ma nemmeno la mia parola scritta (e quindi ancor più sacra in quanto editorialista) e orale. E se Moni effettivamente ha vigilato su tutti e in primo luogo su se stesso (lui, come promesso, ha rinunciato alla poltrona), io ho preferito controllare gli altri, ma chiudere un occhio proprio su di me, che avevo il compito di garantire che al dire seguisse il fare.

Quando me l’hanno fatto notare, ci ho ri-ripensato. Il 6 Maggio, quindi, ho fatto recapitare – dai miei collaboratori più fidati - una mail a Marco Furfaro (il candidato escluso) per rassicurarlo: «Puoi dormire tranquillo, Barbara ha mandato una lettera ufficiale, ha rinunciato, dobbiamo solo limare un punto, ma sei europarlamentare». Stai sereno, insomma. Ma due giorni dopo, colpo di scena, ci ho ri-ri-ripensato: guai a chi vi tocca, compagno seggio e compagna seggiola. È che sono così alternativa che per garanzia ho inteso garantire me stessa. E poi quel Furfaro fa parte di Sel che è «ambigua», che «ha fatto male alla lista». Meglio non rendere noto che è stata Sel la prima finanziatrice della campagna elettorale, altrimenti quel male alla lista regge poco. Ed è meglio far finta che non ci sia stato, ben prima della campagna elettorale e della mia decisione, un congresso di Sel che quelle ambiguità le ha sciolte. Insomma: a prescindere Sel è inaffidabile, «qualcuno doveva pur decidere e l’ho fatto io su invito dei garanti», cioè su invito di me stessa.

Ma siccome io sono una donna piena di sorprese, ho lasciato il meglio per l’anno successivo, cioè questo, il 2015: mollo l’Altra Europa con Tsipras. Così, en passant, in una mattina di Maggio. Eppure avevo fatto escludere Furfaro proprio perché temevo che non rispondesse alla lista, che avesse «un rigurgito identitario» verso Sel. Ma va be’, direte voi, una incoerenza in più, una in meno.

Per motivare la mia decisione, concedo un’intervista al quotidiano per cui ho lavorato come editorialista: la Repubblica. Sono un fiume in piena: «In questo anno e mezzo ho avuto l’impressione di un predominio dei piccoli partiti che avevano promesso di sciogliersi ma non si sciolgono mai». Come dite, compagno seggio e compagna seggiola? Anche io avevo promesso di rinunciare a voi? Avete ragione, ma gli ideali, la rivoluzione, la lotta di classe dai salotti parigini… E poi a me i piccoli partiti non vanno sempre male: ad esempio, quando hanno versato i fondi per la campagna elettorale, ho trattato anche loro da compagni. Oppure, quando i loro militanti si sono prestati per raccogliere le firme e distribuire i volantini, io mica li ho cacciati: sapete, io c’ho ‘na certa… Mi ci vedete a montare un gazebo?

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Nell’intervista, poi, guardate come sono stata brava, ho continuato così: «Sicuramente bisogna pensare a qualcosa che non sia un partito classico. Prima che Syriza diventasse un partito sono passati anni. Podemos non è un partito». Compagno seggio e compagna seggiola, vi vedo irrequieti. Come dite? Che prima ho preteso che Sel e Rifondazione si sciogliessero in un anno in un’unica formazione politica, per altro fidandosi di una persona che non ha mantenuto la parola e facendo fuori uno dei loro candidati, e poi dico che Syriza ha impiegato diversi anni per diventare Syriza? Hmm… forse avete ragione. Ah, c’è dell’altro? Come come? Podemos è diventato a tutti gli effetti un partito? Eh, ma io ve l’avevo detto che ormai c’ho ‘na certa… E poi, «nell’assemblea del 18 aprile (2015) è stata resa nota una lettera aperta di buona parte dei militanti, firmata anche da me, che si sono dissociati e sono praticamente usciti da “L’Altra Europa”». So già cosa state per dirmi: il 7 Giugno 2014, sempre l’assemblea ha votato un documento contro di me dopo la mia decisione di non abbandonarvi. E io non ne ho tenuto conto, pur essendo la garante.

Perché vedete, in quest’avventura ho sacrificato la stima di molti, la fiducia di tanti, l’amicizia di diversi compagni di viaggio, ma ho guadagnato voi, compagno seggio e compagna seggiola. E niente e nessuno ci separerà.

Barbara Spinelli, 13 Maggio 2015, Lettere Postume


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